Costo-efficacia degli SGLT-2i nel trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2

Introduzione

Il diabete mellito di tipo 2, oltre ad essere la forma più comune di diabete, è uno dei principali fattori di rischio per malattie cerebro e cardiovascolari (infarto, ictus e scompenso cardiaco in primis) (1,2), e microvascolari (retinopatia e insufficienza renale) (3,4). Le complicanze croniche del diabete, come noto, costituiscono, non solo le principali cause di morte e di invalidità (http://www.world-heart-federation.org/cardiovascular-health/cardiovascular-disease-risk-factors/diabetes/), ma anche le principali voci di spesa per tutti i sistemi sanitari mondiali (5). 

Tra il 1990 e i primi anni del 2000, sono stati condotti alcuni trial che avevano come scopo quello di verificare gli effetti dell’intensificazione del controllo glicemico sul rischio incidente di malattie cardiovascolari e di morte (6-12). 

Tali studi hanno confermato l’importanza di un buon controllo glicemico nella riduzione del rischio cardiovascolare del soggetto con diabete di tipo 2 (13), senza tuttavia modificare la prognosi “quod vitam” della malattia diabetica (13). 

Tale paradossale risultato sembrava suggerire che la riduzione della morbilità cardiovascolare, ottenuto con una terapia ipoglicemizzante maggiormente aggressiva (cioè con target glicemici più ambiziosi), si accompagnasse ad un aumento di letalità degli eventi cardiovascolari. In alcuni studi (9,12) (uno dei quali interrotto prematuramente a causa di un significativo eccesso di mortalità nel braccio di trattamento) (12), in effetti, nonostante una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori (MACE), si è assistito ad un inatteso aumento della mortalità cardiovascolare. 

Questo sorprendente risultato trova un possibile razionale nell’eccesso di eventi ipoglicemici (totali e gravi) (13,14) e nell’aumento di peso dei soggetti trattati con protocolli di terapia ipoglicemizzante aggressivi, dove l’uso di insulina e insulino secretagoghi (13) era predominante. 

L’effetto deleterio dell’ipoglicemia e dell’aumento ponderale nel braccio di trattamento, piuttosto che quello del raggiungimento di target “troppo ambiziosi”, è stato chiamato in causa per spiegare questo fenomeno (14,15).

Il fatto che raggiungere livelli di HbA1c più bassi possibili fosse in realtà da perseguire e non da evitare, è stato confermato successivamente da trial clinici con endpoint cardiovascolari (CVOT) (16), che hanno dimostrato come l’ottenimento di un buon controllo glicemico senza ipoglicemie e aumento di peso, determinasse una riduzione di morbilità e mortalità cardiovascolare (17-21). Questi trial effettuati su nuove classi di farmaci quali gli agonisti recettoriali del Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1RA) e gli inibitori del Sodium Glucose co-Transporter-2 (SGLT-2i) avevano nel disegno l’obbligo di minimizzare le differenze di controllo glicemico tra i due gruppi; tuttavia in nessuno dei CVOT si è ottenuto un compenso glicemico sovrapponibile con differenze di HbA1c medie durante il follow-up tra 0,3 e 0,7% a favore del gruppo di trattamento. 

Questo, unitamente ad effetti intrinseci e/o extra-glicemici di queste nuove molecole ed al loro minor rischio ipoglicemico, hanno portato a risultati inaspettati, quanto eclatanti, osservati nei recenti trial CVOT. 

Qualunque sia il meccanismo con il quale avvenga tutto ciò, che non è argomento di questo lavoro, è innegabile che oggigiorno abbiamo a nostra disposizione farmaci che hanno modificato significativamente la prognosi dei pazienti con diabete di tipo 2. 

Tali farmaci, ovvero gli SGLT-2i e i GLP-1RA, sono, rispetto a farmaci obsoleti quali le sulfaniluree, infatti, più sicuri (21-23) ed efficaci sulla glicemia (24) e hanno marcati effetti protettivi sulle complicanze micro (25), macrovascolari (20,21) e sulla mortalità (20,21).

 

Sostenibilità dell’innovazione

Questi effetti favorevoli, visti su morbidità e mortalità con i farmaci innovativi, comportano tuttavia dei costi diretti elevati, che possono mettere in dubbio la loro sostenibilità da parte dei sistemi sanitari. Queste comprensibili preoccupazioni potrebbero, tuttavia, essere fuorvianti e non supportate dalle evidenze, in quanto i farmaci “innovativi” hanno non solo costi molto diversi tra loro (ad esempio gli SGLT-2i sono sicuramente più economici rispetto ai GLP-1RA), ma anche dei vantaggi in termini di risparmio sui costi indiretti, che non sono affatto trascurabili.

Molte analisi farmacoeconomiche (vedi Tabella 1) effettuate sulla base dei grandi trial CVOT e su studi osservazionali, hanno infatti mostrato in maniera quasi unanime gli ottimi profili di costo-efficacia dei nuovi farmaci, sia grazie alla riduzione dei ricoveri per gli eventi cardiovascolari e microvascolari (in particolar modo quelli renali) (26), sia per la minore spesa in termini di ipoglicemie (22,27) e automonitoraggio glicemico (28,29).

Tali vantaggi sono stati evidenziati per tutti gli SGLT-2 inibitori nei confronti di quasi tutte le classi di farmaci ipoglicemizzanti, quali ad esempio l’insulina (26), le sulfaniluree (26,30), gli inibitori della DPP-4 (4,31,32), i tiazolidinedioni (26) e gli inibitori delle alfaglucosidasi (33). 

Non bisogna inoltre dimenticare come gli SGLT-2i siano in grado di modificare contestualmente più parametri clinici nei pazienti con DT2: riducono molto efficacemente i valori di HbA1c, hanno effetti benefici, anche importanti, su peso corporeo e pressione arteriosa, migliorano l’assetto lipidico, riducendo l’impiego di altri farmaci, quali insulina, antipertensivi e ipolipemizzanti. Pertanto, i pazienti trattati con queste classi di farmaci, in particolare gli SGLT-2i, potrebbero determinare anche un risparmio indiretto della spesa farmaceutica (26), punto dolente di tutte le analisi farmaco-economiche. 

Tutte queste considerazioni, dovrebbero incrementare l’utilizzo dei farmaci innovativi, sostituendoli a farmaci obsoleti, quali le sulfaniluree, che seppur molto economici, poco utili nel controllo glicemico a lungo termine (24) e potenzialmente dannosi per ipoglicemie e aumento di mortalità (23). Sarebbe quindi auspicabile, nei pazienti che necessitino di più farmaci, oltre la metformina, per il controllo della glicemia, sostituire le sulfaniluree, almeno con un SGLT-2 inibitore (meno costoso rispetto ai GLP-1RA). Le analisi di budget impact che abbiano preso in considerazione la sostituzione delle sulfaniluree (in monoterapia o in associazione con metformina e/o insulina) con SGLT-2 inibitore sembrano, infatti, essere molto incoraggianti (34-36).

I risultati di tali analisi hanno mostrato che l’aumento dei costi di acquisizione del farmaco con la sostituzione delle sulfaniluree con gli SGLT-2i viene interamente compensato dalla riduzione degli eventi cardiovascolari (34-36), dei costi dell’automonitoraggio della glicemia e della gestione degli eventi ipoglicemici. 

Complessivamente, quindi, la sostituzione progressiva delle sulfaniluree con un SGLT-2i può avvenire non solo senza aggravio per il SSN, ma addirittura con un risparmio non indifferente, come suggerito da uno studio italiano di budget impact che ha mostrato la costo-efficacia della sostituzione di sulfaniluluree, DPP-4 e glitazoni, con un SGLT-2i (28). 

In ultimo, per onestà intellettuale, va ricordato il ben noto paradosso per cui un farmaco che prolunghi la sopravvivenza dei pazienti, sia gravato da maggiori costi per la gestione della cronicità “dei sopravvissuti”. Tuttavia, riteniamo, che l’inclusione esplicita della mortalità all’interno di un’analisi di budget impact per una patologia cronica sia non solo metodologicamente scorretta, ma anche di dubbia eticità.

 

Conclusioni

In conclusione, le considerazioni di budget impact sopra elencate, dovrebbero portare a considerare gli SGLT-2i (così come i GLP-1RA) una valida opzione terapeutica, non solo dal punto di vista clinico, ma anche (e soprattutto!) economico. 

Il massivo utilizzo di questi farmaci innovativi potrebbe quindi avvenire senza un impatto negativo sul budget a carico del SSN, ma anzi probabilmente con cospicui risparmi a lungo termine. 

Per tali motivi, la sostituzione di farmaci obsoleti e dannosi, quali le sulfaniluree, con gli inibitori della SGLT-2 potrebbe, alla luce di quanto detto, non solo essere economicamente sostenibile, ma addirittura auspicabile.

 

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Matteo Monami

SOD Diabetologia e Malattie metaboliche, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

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