Screening della malattia aterosclerotica nel paziente con diabete: quali strumenti?

Introduzione

La patologia cardiovascolare (CV) aterosclerotica rappresenta la principale causa di morbidità e mortalità nel paziente con diabete mellito (DM). Tuttavia, nonostante sia ormai dimostrata l’efficacia del controllo dei fattori di rischio CV nel rallentarne lo sviluppo, non vi è un parere unanime tra le società scientifiche sulla validità dell’utilizzo di strumenti diagnostici di screening al fine di ridurre l’incidenza di eventi CV ischemici nel paziente diabetico (1).

 

Screening della malattia coronarica nel paziente diabetico

Lo screening della malattia aterosclerotica coronarica nel paziente asintomatico affetto da DM è un argomento ancora controverso. Secondo l’algoritmo proposto dalla Società Italiana di Diabetologia (SID) in accordo con la Società Italiana di Cardiologia (SIC) e la Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi (SISA) la strategia dovrebbe consistere nel selezionare i pazienti con probabilità pre-test di cardiopatia ischemica silente sufficientemente elevata, ottimizzando in questo modo il rapporto costo/beneficio (Figura 1). Per cardiopatia ischemica silente si intende la presenza di malattia aterosclerotica coronarica (stenosi >50% nei vasi epicardici) in assenza di sintomi riconducibili alla stessa.

Oltre all’esecuzione in tutti i pazienti affetti da DM di esami di primo livello come l’elettrocardiogramma (ECG) annuale e l’ecocardiografia (ECO) da eseguire secondo indicazione clinica, si raccomanda l’esecuzione di test funzionali nei pazienti con elevata probabilità di coronaropatia silente (Figura 2) indipendentemente da ECG ed ECO. La tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT) o l’ECO sotto sforzo vengono considerate come indagini di prima scelta con uguale livello di raccomandazione, anche se va considerata la mancanza di esposizione radioattiva per l’ecocardiografia (2,3).

Anche le linee guida dell’American Diabetes Association (ADA)raccomandano l’esecuzione di un ECG e di un’ECO come test iniziali, ma sconsigliano di selezionare i pazienti sulla base dei fattori di rischio e non raccomandano lo screening dei pazienti asintomatici a medio e alto rischio di patologia coronarica dal momento che questa attività di screening non si è tradotta in una riduzione di eventi CV anche quando i fattori di rischio erano trattati in maniera intensiva (4-6).

Alcuni studi prospettici hanno mostrato come il calcio coronarico valutato attraverso la TAC sia un predittore indipendente di malattia aterosclerotica superiore rispetto agli score di rischio UKPDS (UK Prospective Diabetes Study) e Framingham (7-9). Mediante il ricorso alla TAC è possibile non solo identificare le stenosi coronariche (angioTC coronarica) ma anche calcolare il punteggio del Calcium Score Coronarico (CAC) che consente di stimare il grado di aterosclerosi. Un punteggio di CAC pari a 0 è associato ad una prognosi favorevole mentre al crescere del punteggio aumenta il rischio relativo di mortalità (10), pertanto la sua valutazione può essere presa in considerazione nel paziente di età superiore a 40 anni anche se, nonostante la sua utilità nell’ottimizzare la valutazione del rischio, non ci sono studi che dimostrino una riduzione della mortalità nei pazienti valutati attraverso questa metodica (1).

Le attuali linee guida della European Society of Cardiology (ESC) sulle cardiopatie nel paziente diabetico raccomandano la valutazione routinaria della microalbuminuria, risultando questa correlata ad un maggiore rischio di malattia CV, e l’esecuzione di un ECG a riposo per l’identificazione di ischemia silente. Ulteriori test di imaging e funzionali possono essere presi in considerazione a seconda del rischio CV secondo le raccomandazioni riportate in Tabella 1. Lo screening mediante valutazione dello spessore intima-media all’ecocolorDoppler dei tronchi sovra-aortici, invece, non è raccomandato. Anche l’ESC non raccomanda lo screening routinario dell’aterosclerosi coronarica nei pazienti asintomatici (10). In Tabella 2 vengono messe a confronto le raccomandazioni delle principali società scientifiche.

 

Screening dell’aterosclerosi periferica nel paziente diabetico

Aterosclerosi carotidea

Il diabete è associato ad un incremento del rischio di malattia aterosclerotica carotidea pur non essendo specificamente correlato né alla progressione né all’instabilità della placca (11) per cui non vi sono chiare indicazioni di screening differenti rispetto a quello della popolazione generale.

Ad ogni modo, nonostante le evidenze siano più labili rispetto a quelle per il CAC score, la valutazione ecografica delle placche carotidee può essere considerata come un modificatore di rischio nel paziente a rischio intermedio quando il CAC score non può essere stimato (12).

 

Arteriopatia obliterante degli arti inferiori

L’arteriopatia obliterante degli arti inferiori nei pazienti affetti da DM ha una prognosi peggiore rispetto a quella dei pazienti non diabetici, esitando in amputazione 5 volte più frequentemente (11).

Dati epidemiologici dimostrano che la vasculopatia periferica, associata o meno alla neuropatia, è presente nel 50% dei pazienti diabetici con lesioni a carico degli arti inferiori (13).

La presenza di malattia aterosclerotica periferica, inoltre, è stata associata ad un rischio più elevato di coronaropatia e recenti studi hanno evidenziato che la sua progressione correla con un aumento di eventi CV (14).

L’ADA sottolinea che lo screening iniziale della malattia aterosclerotica periferica (PAD) dovrebbe partire da un’anamnesi di claudicatio o affaticamento muscolare ed una valutazione dei polsi tibiale posteriore e pedidio (15). A tal proposito, un documento di consenso sulla PAD della SID con la Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE) sconsiglia di applicare le classificazioni della PAD in uso nei soggetti non diabetici per la minore rappresentazione della sintomatologia tipica della vasculopatia periferica e sottolinea la maggiore affidabilità del polso tibiale posteriore rispetto al pedidio (non apprezzabile nel 30% dei pazienti anche in assenza di patologia vascolare) (14). La survey di Apelqvist et al. sull’ulcera diabetica in pazienti con vasculopatia ischemica mostra come, se non si fosse andati oltre queste comuni manovre semeiologiche, l’arteriopatia periferica sarebbe stata erroneamente esclusa nel 50% dei pazienti (16). Nei pazienti con segni o sintomi di PAD bisognerebbe valutare l’Ankle-Brachial index (ABI). L’ADA raccomanda di misurare l’ABI nei pazienti diabetici di età superiore a 50 anni (o di età inferiore se con fattori di rischio per PAD) e di ripetere il test, se normale, ogni 5 anni (15). Il limite di questa metodica è rappresentato dalle estese calcificazioni di parete che potrebbero rendere il test falsamente normale ma che sono tuttavia tipicamente assenti a livello delle dita consentendo di arginare il problema ricorrendo alla misurazione della pressione sistolica all’alluce (toe/brachial index –TBI) (14). Queste metodiche di screening possono contribuire ad identificare i pazienti affetti da malattia aterosclerotica periferica e selezionare quelli da sottoporre ad esami di imaging non invasivi ed invasivi e test atti a valutare il potenziale riparativo delle lesioni ulcerative.

 

Conclusioni

Le complicanze CV rappresentano una delle problematiche principali nella popolazione di pazienti affetti da DM. Attraverso l’integrazione della valutazione clinica, dei test di imaging funzionali e/o anatomici è possibile ottenere una più accurata stratificazione del rischio CV. La opportunità di screening nei pazienti asintomatici resta un argomento controverso e molte società scientifiche, data la scarsità di evidenze in merito, raccomandano solo in casi selezionati l’esecuzione di tecniche di imaging per lo screening della malattia CV asintomatica.

Nuovi studi sarebbero necessari per definire percorsi standardizzati, facilmente adattabili al singolo paziente e costo-efficaci per la prevenzione delle complicanze CV in questa coorte di pazienti.

 

 

 

Bibliografia

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  3. SID Gruppo di Studio Diabete e Aterosclerosi: PierMarco Piatti (coordinatore), Angelo Avogaro, Giovanni Anfossi, Diego Ardigò, Saula Vigili de Kreutzenberg, Sandro Inchiostro, Angela Albarosa Rivellese, Mariella Trovati, Sabina Zambon, Ivana Zavaroni AMD: Adolfo Arcangeli, Sandro Gentile ANMCO: Maddalena Lettino, Antonio Mafrici, Massimo Uguccioni ARCA: Alfio Bianchi, Vincenzo Cavallaro, Igor Monducci SIC: Christian Cadeddu, Giuseppe De Luca SISA: Enzo Manzato. Consensus: screening e terapia della cardiopatia ischemica nel paziente diabetico. Il Diabete vol 22 n 4, 2010
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Pasquale Perrone Filardi, Christian Basile

Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli studi di Napoli “Federico II”

Figura 1
Figura 2
Tabella 1
Tabella 2

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