Malattia renale cronica nel paziente con diabete: non sempre nefropatia diabetica
Secondo i più recenti studi, circa il 10% della popolazione è affetta da malattia renale cronica (MRC). Ciò è in parte dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita nella popolazione generale e in parte al crescere dei principali fattori di rischio per MRC: il diabete, l’ipertensione, l’obesità e in generale le complicanze aterosclerotiche. La prevalenza di MRC è ancor più elevata nei sottogruppi di pazienti a rischio quali gli ipertesi, gli anziani, i diabetici. La presenza e la gravità della MRC è diagnosticabile con l’impiego dei due principali biomarcatori di malattia: la stima del filtrato glomerulare (eGFR) e l’albuminuria. Di solito è necessario che la riduzione del GFR, la presenza di albuminuria o le anomalie morfologiche o strutturali dei reni siano presenti da almeno tre mesi per poter parlare di MRC (Figura 1) (1-4).
In Italia la nefropatia diabetica, o meglio, la MRC in corso di diabete, rappresenta la prima causa di accesso al trattamento sostitutivo renale (dialisi o trapianto di rene). Studi relativamente recenti condotti su una ampia casistica di pazienti con diabete di tipo 2 (DMT2) hanno confermato che fino al 40-45% dei pazienti sviluppa una forma di danno renale nella loro vita. Nella maggior parte dei casi è presente albuminuria; in altri la riduzione del GFR è isolata e in una piccola percentuale di casi entrambe queste alterazioni coesistono (Figura 2) (5).
La MRC è una delle principali cause di mortalità e morbilità a livello mondiale e rappresenta una delle principali fonti di spesa sanitaria nei paesi occidentali. L’identificazione precoce dei pazienti con MRC o a rischio di svilupparla può avere importanti e favorevoli ricadute sulla salute pubblica.
La terapia per prevenire la MRC e rallentarne il peggioramento verso lo stadio terminale (ESRD) è tradizionalmente basata sulla correzione e sulla ottimizzazione dei fattori di rischio renale e cardiovascolare. In particolare, il controllo ottimale della pressione arteriosa (preferenzialmente con farmaci inibitori del sistema renina angiotensina aldosterone), dei valori di colesterolo LDL e il compenso glicometabolico nei pazienti diabetici costituiscono gli elementi fondanti per prevenire l’insorgenza di MRC e rallentarne la progressione verso l’uremia. Questa strategia terapeutica si è tuttavia dimostrata non completamente efficace nel modificare la storia naturale della MRC e nel ridurre l’eccesso di morbidità e mortalità, soprattutto cardiovascolare, nei pazienti nefropatici.
Lo scenario terapeutico è stato recentemente rivoluzionato dall’arrivo degli inibitori del cotrasporto sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2-i) a livello del tubulo renale, le cosiddette gliflozine. Questi farmaci hanno mostrato uno spiccato effetto nefroprotettivo, dapprima nel diabete e successivamente anche nei pazienti non diabetici, e sono rapidamente diventati la classe di farmaci di riferimento nella terapia della MRC.
Presentazione clinica e storia naturale della MRC nel paziente con diabete
La presentazione clinica della nefropatia diabetica è cambiata negli ultimi 10-20 anni ed è molto eterogenea. Se un tempo si riteneva che la nefropatia diabetica fosse una condizione sempre caratterizzata da un rapido decremento del filtrato glomerulare, da un aumento dell’escrezione urinaria di albumina e da un tumultuoso peggioramento fino all’uremia nell’arco di pochi anni, oggi i quadri di presentazione sono spesso diversi, talvolta caratterizzati solo dalla riduzione del GFR o da modesti aumenti nell’escrezione urinaria di albumina. Sebbene la presenza e l’entità dell’albuminuria si confermino un potente fattore di rischio per la progressione del danno renale, l’elevata quota di pazienti cosiddetti “non albuminurici” che − se pur a ritmo più blando − mostrano peggioramento renale, unitamente all’elevata incidenza di mortalità per complicanze cardiovascolari precoci nei pazienti “albuminurici”, fa sì che oggi la maggior parte dei pazienti diabetici che raggiunge lo stadio terminale appartenga alla prima categoria (non albuminurici), diversamente da quanto si credeva circa 20-30 anni fa. Le più recenti casistiche internazionali dimostrano infatti che la prevalenza di pazienti diabetici nefropatici senza albuminuria raggiunge il 40-50% del totale (Figura 3) (6).
Nefropatia diabetica e MRC nel paziente diabetico: questi due termini sono sinonimi?
In effetti, non tutti i pazienti diabetici con MRC hanno una nefropatia diabetica. Se per MRC si intende, anche nel paziente con diabete, una riduzione del GFR o un aumento dell’escrezione urinaria di albumina, non sempre il diabete è la causa responsabile di queste alterazioni. Vi sono infatti pazienti con diabete e insufficienza renale che devono questa condizione a nefropatie primitive o secondarie diverse dal diabete. Inoltre, anche nei pazienti che presentano a livello renale lesioni ascrivibili al diabete, l’esame istologico evidenzia spesso alterazioni aspecifiche, secondarie all’ischemia, all’aterosclerosi o all’ipertensione. Ecco quindi che dobbiamo distinguere tra la cosiddetta Diabetic Kidney Disease, cioè la nefropatia diabetica che tradizionalmente si manifesta a livello istologico con un’espansione del mesangio e poi esita nella sclerosi glomerulare nodulare focale e segmentaria (la cosiddetta glomerulosclerosi di Kimmelstiel Wilson), da un coinvolgimento renale più aspecifico non tipico del diabete ma tuttavia di frequente riscontro nei pazienti diabetici, legato a meccanismi di tipo ipertensivo-ischemico con condizione di sclerosi glomerulare, ischemia glomerulare e danno a livello tubulo-interstiziale. Inoltre, naturalmente, anche i pazienti diabetici possono sviluppare forme diverse di nefropatia, per esempio glomerulonefriti primitive o un coinvolgimento secondario legato ad altre condizioni che sono tradizionalmente considerate dei nefropatogeni, come per esempio le paraproteinemie o l’amiloidosi. Ecco che per distinguere quanto del danno renale in un paziente diabetico sia veramente dovuto al diabete e quanto sia invece di natura aspecifica o specifica ma da causa diversa dal diabete, la biopsia renale rimane lo strumento principe. Purtroppo in assenza di un trattamento specifico che differenzi la nefroangiosclerosi dalla nefropatia diabetica si ricorre troppo poco a questo strumento diagnostico che potrebbe invece migliorare la prognosi di molti pazienti consentendo terapie specifiche che impattano favorevolmente sulla prognosi (si pensi ad esempio ai vari quadri di nefropatia in corso di paraproteinemia o alla nefropatia a depositi mesangiali di immunoglobulina A) (Figura 4) (7).
Terapia nella nefropatia diabetica e nella MRC nel paziente diabetico: esistono differenze?
Tutti i pazienti con MRC, siano essi diabetici o no, dovrebbero essere sottoposti a una serie di misure terapeutiche di prevenzione per il rallentamento della progressione del danno renale. Queste si basano, tradizionalmente, su un controllo ottimale della glicemia nel paziente diabetico ma anche nel controllo della pressione, possibilmente con farmaci inibitori del sistema renina angiotensina e, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare, con un trattamento ottimale dell’eventuale dislipidemia. Purtroppo, negli anni, questa strategia terapeutica si è rivelata insufficiente a migliorare la prognosi di molti pazienti con MRC diabetici e non. È stato necessario individuare nuovi farmaci in grado di rallentare la progressione della MRC o addirittura prevenirla. In questo contesto, gli SGLT2-i rappresentano senza dubbio una grandissima innovazione e sono raccomandati per tutti i pazienti diabetici a rischio renale (8). Questa classe di farmaci è destinata a cambiare la storia naturale della MRC e non solo nel paziente diabetico (Figura 5) (9).
Oltre alla terapia “aspecifica” raccomandata per tutti i pazienti in caso di una sovrapposta nefropatia primitiva o secondaria diversa dal diabete è naturalmente indicato procedere con la terapia di volta in volta indicata.
Conclusioni
La MRC è uno dei principali unmet need sanitari nei Paesi occidentali. La sua prevalenza e incidenza sta crescendo per l’aumentare di ipertensione, diabete, obesità e per l’invecchiamento della popolazione. Il diabete è oggi la principale causa di ESRD nei Paesi occidentali. La presenza di MRC comporta un drammatico aumento del rischio cardiovascolare.
La presentazione clinica e il decorso della MRC nei pazienti diabetici è molto variabile. Il fenotipo non-albuminurico è prevalente. Il decorso è comunque progressivo. La presenza di albuminuria comporta un rischio renale e cardiovascolare più elevato.
Non tutti i pazienti con MRC e DMT2 presentano alterazioni renali tipiche dell’esposizione all’iperglicemia (nefropatia diabetica). In alcuni casi, concomitano lesioni con caratteristiche patogenetiche aspecifiche (DMT2 + MRC) o nefropatie diverse.
La terapia tradizionale, aspecifica, è basata sull’ottimizzazione della glicemia, sul controllo della pressione (preferibilmente con farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone) e degli altri fattori di rischio cardiovascolare. I risultati terapeutici non sono ottimali.
I farmaci SGLT2-i hanno mostrato spiccate caratteristiche di nefroprotezione e sono in grado di rallentare la progressione della MRC nel paziente diabetico contribuendo a ridurre il rischio cardiovascolare. Le linee guida internazionali raccomandano l’impiego di SGLT2-i in tutti i pazienti diabetici (che non abbiano controindicazioni) a scopo nefroprotettivo.
BIBLIOGRAFIA
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