Empagliflozin: quali ipotesi a sostegno degli effetti renali?
Nel 2015, lo studio EMPA-REG OUTCOME dimostrava per la prima volta, sorprendentemente, l’efficacia di Empagliflozin nel ridurre la mortalità cardiovascolare e per tutte le cause in pazienti con diabete tipo 2 (1-2). Successivamente, numerosi trial clinici hanno confermato l’effetto degli SGLT2i anche nella protezione d’organo a livello renale e cardiaco. A fronte di questi entusiasmanti risultati e oltre cinque anni dopo la pubblicazione dello studio EMPA-REG OUTCOME, i meccanismi che sostengono gli effetti nefroprotettivi di Empagliflozin e, più in generale, degli SGLT2i sono ancora oggetto di studio e di approfondimento.
Come funzionano gli SGLT2-i?
Numerosi sono i meccanismi d’azione proposti per spiegare gli straordinari effetti di nefroprotezione osservati a lungo termine con l’utilizzo di gliflozine. Alcuni, specificatamente intrarenali, altri invece presenti a livello sistemico e tuttavia potenzialmente importanti ed in grado di impattare favorevolmente sul rene (Figura 1) (3).
Effetti renali diretti
Inibendo selettivamente il meccanismo di cotrasporto sodio-glucosio situato sul versante apicale delle cellule del tubulo renale prossimale, gli SGLT2-i riducono il riassorbimento tubulare del glucosio filtrato al glomerulo, determinandone l’escrezione nelle urine (glicosuria) (Figura 2). I farmaci glicosurici promuovono così la natriuresi e sono in grado di attivare, a livello della macula densa, il meccanismo di feedback tubulo-glomerulare (mediato dall’AMPc), che comporta un riaggiustamento dell’emodinamica glomerulare con incremento del tono dell’arteriola afferente e riduzione della pressione intraglomerulare e della frazione di filtrazione. Ciò comporta una transitoria lieve riduzione del GFR (filtrato glomerulare) ma nel lungo termine attenua lo sviluppo di glomerulosclerosi (1). È interessante notare che queste variazioni emodinamiche sono apparentemente additive e complementari a quelle osservabili con l’utilizzo di farmaci inibitori del SRAA (Inibitori del Sistema Renina Angiotensina Aldosterone) (Figura 3). Contestualmente, gli SGLT2-i riducendo il riassorbimento di glucosio a livello delle cellule tubulari esercitano un effetto di protezione cellulare e riducono lo stress ossidativo. Questi effetti si traducono in una minore incidenza di danno tubulare di tipo ischemico e, a lungo termine, in una riduzione di infiammazione e fibrosi a livello tubulo-interstiziale. Un interessante corollario alla persistenza di glicosuria, nonché ulteriore potenziale meccanismo di nefroprotezione a livello tubulare, è rappresentato dall’attivazione del controtrasportatore tubulare Glucosio-Urato GLUT-9 (Figura 4), ciò che comporta un aumento della uricosuria con riduzione dell’uricemia. Ulteriori meccanismi intrarenali che possono concorrere a giustificare gli effetti favorevoli degli SGLT2i sono l’inibizione del SRAA intrarenale e l’aumento dell’ossigenazione tissutale (sia a livello glomerulare che tubulare) secondaria all’aumento dell’ematocrito.
Effetti renali indiretti
Accanto ai suddetti effetti prettamente intrarenali, alcuni effetti sistemici dei farmaci glicosurici potrebbero contribuire in modo significativo alla nefroprotezione a lungo termine. Tra i primi è necessario ricordare la riduzione della HbA1c, il miglioramento dell’insulino sensibilità e della glucotossicità sulla funzione betacellulare. L’instaurarsi di un bilancio calorico negativo (la glicosuria comporta in media una perdita di 500 Kcal/sett) e la riduzione del peso corporeo concorrono, con l’aumento della natriuresi e con la riduzione del volume del liquido extracellulare, alla normalizzazione della volemia ed alla riduzione della pressione arteriosa. Anche il miglioramento del profilo metabolico, caratterizzato da riduzione dei livelli di uricemia ed aumento dei valori di HDL Colesterolo potrebbe a lungo termine esercitare effetti favorevoli sulla funzione renale. È stato proposto inoltre che i farmaci SGLT2i possano determinare uno shift metabolico favorevole, inducendo una maggior lipo-ossidazione a scapito dei processi glicolitici. Ciò potrebbe avere importanti ricadute in termini di miglior bioenergetica soprattutto a livello delle cellule miocardiache. Il conseguente miglioramento della performance cardiaca potrebbe in questo modo tradursi in un miglioramento dell’emodinamica sistemica e quindi anche renale.
Empagliflozin e nefroprotezione: beyond glycemia?
Lo straordinario effetto di protezione renale delle glifozine è stato confermato nello studio Credence (4) in pazienti con nefropatia diabetica conclamata, con vari gradi di albuminuria e valori di eGFR basali compresi tra 30 e 90 ml/min. Ancor più recentemente un rallentamento significativo della progressione renale è stato osservato nello studio Dapa-CKD, che includeva un sottogruppo di pazienti nefropatici non diabetici (5). Questi risultati confermano le sottoanalisi condotte sullo studio EMPA-REG OUTCOME in pazienti con vari fenotipi di malattia renale, le quali hanno evidenziato come l’effetto di nefroprotezione osservato con empagliflozin sia presente indipendentemente dai valori di GFR (Figura 5) e dalla presenza o assenza di albuminuria (Figura 6). Lo studio EMPA-KIDNEY, tuttora in corso, consentirà di verificare in modo definitivo se il beneficio dei farmaci glicosurici si estenda a pazienti non diabetici, con GFR notevolmente ridotto (fino a 20 ml/min) e senza albuminuria (6)
Conclusioni
Empagliflozin è stato il primo, tra i farmaci della classe delle gliflozine, a dimostrare una riduzione della mortalità cardiovascolare e globale in pazienti con diabete di tipo 2. Gli straordinari risultati osservati con empagliflozin nello studio EMPA-REG OUTCOME, in seguito confermati in alcuni altri studi di outcome cardiovascolare e di protezione renale con farmaci della stessa classe, sono attribuibili, in larga misura, all’effetto nefroprotettivo e di protezione cardiaca degli SGLT2i. I risultati di questi studi sono stati rapidamente recepiti nelle raccomandazioni delle Linee Guida internazionali e l’impiego di SGLT2-i è attualmente raccomandato in tutti i pazienti diabetici a rischio renale indipendentemente dal controllo glicometabolico, eventualmemente anche in monoterapia (7). È interessante notare come gli effetti nefro e cardioprotettivi osservati con le glifozine in tutti gli studi condotti fino ad oggi sono sempre stati ottenuti on top a terapie già notoriamente efficaci, almeno parzialmente, in termini di nefroprotezione. A questo proposito, non essendo disponibili confronti diretti con i farmaci RAAS-i, è lecito interrogarsi circa l’efficacia relativa di queste due classi farmacologiche nei pazienti a rischio renale (Tabella 1). Qualora gli studi in corso, in particolare lo studio EMPA-KIDNEY, confermassero gli effetti di nefroprotezione anche in pazienti non diabetici, gli SGLT2-i potrebbe presto diventare la terapia di riferimento in tutti i pazienti nefropatici, indipendentemente dall’eziologia e dal fenotipo di presentazione.
Bibliografia
- Zinman B, Wanner C, Lachin JM, Fitchett D, Bluhmki E, Hantel S, Mattheus M, Devins T, Johansen OE, Woerle HJ, Broedl UC, Inzucchi SE; EMPA-REG OUTCOME Investigators. Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2015; 2117-28.
- Wanner C, Inzucchi SE, Lachin JM, Fitchett D, von Eynatten M, Mattheus M, Johansen OE, Woerle HJ, Broedl UC, Zinman B; EMPA-REG OUTCOME Investigators.Empagliflozin and Progression of Kidney Disease in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2016; 323-34.
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- The potential for improving cardio-renal outcomes by sodium-glucose co-transporter-2 inhibition in people with chronic kidney disease: a rationale for the EMPA-KIDNEY study. Herrington WG, Preiss D, Haynes R, von Eynatten M, Staplin N, Hauske SJ, George JT, Green JB, Landray MJ, Baigent C, Wanner C.Clin Kidney J. 2019 Feb 11;13(4):722.
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