Cosa ci aspettiamo dallo studio EMPA-KIDNEY?
Si stima che circa il 10% della popolazione mondiale sia affetta da malattia renale cronica (MRC). La crescente prevalenza di fattori di rischio cardiovascolare come il diabete, l’ipertensione, l’obesità e in generale le complicanze aterosclerotiche rende ragione del drammatico aumento di MRC registrato negli ultimi anni. La prevalenza di MRC raggiunge valori di 30-50% nei sottogruppi di pazienti a rischio quali gli ipertesi, gli anziani, i diabetici. La diagnosi di MRC si basa generalmente sul riscontro di una riduzione del filtrato glomerulare (GFR), sulla presenza di albuminuria ovvero sulla presenza di anomalie morfologiche o strutturali dei reni documentate da almeno 3 mesi. La MRC funge da moltiplicatore del rischio cardiovascolare. La MRC costituisce una delle principali cause di mortalità e morbilità a livello mondiale e una delle principali fonti uno dei principali bisogni sanitari insoddisfatti a livello mondiale. L’identificazione precoce del danno renale ed una più aggressiva correzione dei fattori di rischio ad esso collegati può avere importanti e favorevoli ricadute sulla salute pubblica.
La terapia di nefro-protezione è tradizionalmente basata sulla correzione e sulla ottimizzazione dei fattori di rischio renale e cardiovascolare. In particolare, il controllo ottimale della pressione arteriosa dei valori di colesterolo LDL ed il compenso glico-metabolico nei pazienti diabetici costituiscono gli elementi Indispensabili per prevenire l’insorgenza di malattia renale cronica e rallentarne la progressione verso l’ESKD. L’utilizzo preferenziale di farmaci inibitori il sistema renina angiotensina aldosterone garantisce una maggiore riduzione della proteinuria a parità di valori pressori. Questa strategia terapeutica tuttavia si è dimostrata non completamente efficace nel modificare la storia naturale della malattia renale cronica e nel ridurre l’eccesso di morbidità e mortalità soprattutto cardiovascolare nei pazienti nefropatici.
L’armamentario terapeutico si è recentemente arricchito di una classe di farmaci particolarmente efficaci: gli inibitori del cotrasporto Sodio-Glucosio di tipo 2 (SGLT2-i) a livello del tubulo renale o “gliflozine” (1). Questi farmaci sono oggi lo strumento terapeutico più promettente per proteggere il rene dall’effetto sfavorevole dell’ipertensione, dell’aterosclerosi, del diabete e dell’invecchiamento e sono raccomandate dalle principali linee guida internazionali come prima scelta nei pazienti diabetici a rischio renale.
SGLT2-i e nefroprotezione nel diabete: una storia di serendipity
Dopo la pubblicazione nel 2015 dello studio in Empareg-outcome (2) che dimostrava per la prima volta lo straordinario effetto di cardio e nefro protezione di empagliflozin (3), una serie di trial clinici si sono succeduti confermando, aldilà di ogni più rosea aspettativa, l’efficacia delle gliflozine nel migliorare gli outcome cardiovascolari e renali nei pazienti con diabete mellito. Così, gli studi CANVAS, DECLARE-TIMI 58 e più recentemente il VERTIS-CV, al di là di differenze anche significative tra le singole molecole della classe per quanto riguarda gli effetti di riduzione del rischio cardiovascolare, hanno confermato la spiccata efficacia delle gliflozine nel ridurre la progressione della malattia renale indipendentemente dalla presenza e severità della proteinuria e dalla entità della riduzione del GFR.
Dalla nefropatia diabetica alla malattia renale cronica: gli studi di nefroprotezione con SGLT2i
Da lì a poco, altri studi sono stati realizzati per verificare specificatamente in pazienti con diabete tipo 2 ad alto rischio renale l’effetto delle gliflozine (Tabella 1). Lo studio CREDENCE (4) ha preso in considerazione pazienti con albuminuria e vari gradi di riduzione del GFR dimostrando la efficacia di canagliflozin nel ridurre da albuminuria rallentare la progressione verso ESKD. Successivamente lo studio DAPA-CKD (5) ha confermato in una popolazione con albuminuria e GFR anche più basso (fino a 25 ml/min/1.73m2) l’effetto di dapagliflozin nel rallentare la progressione della MRC. Lo studio DAPA-CKD includeva per la prima volta anche un piccolo gruppo di pazienti nefropatici non diabetici ad alto rischio di progressione.
Gli incoraggianti risultati evidenziati in questi due studi di protezione d’organo renale costituiscono il razionale e le premesse per la realizzazione dello studio EMPA-KIDNEY, il più grande studio di nefroprotezione condotto ad oggi in pazienti con MRC (6).
Lo studio EMPA-KIDNEY: nefroprotezione beyond glycemia
EMPA-KIDNEY è uno studio internazionale randomizzato controllato in doppio cieco finalizzato a valutare l’effetto di Empagliflozin 10 mg/die sul rischio di progressione della MRC e sulla mortalità cardiovascolare in pazienti nefropatici con e senza diabete (Figura 1). I criteri di inclusione erano la presenza di eGFR compreso tra 20 e 45 ml/min in assenza di albuminuria ovvero tra 45 e 90 ml/min in presenza di albuminuria superiore ai 200 mg/g. Gli end-point principali dello studio erano la mortalità cardiovascolare e renale, l’inizio del trattamento sostitutivo con emodialisi o trapianto renale e la progressione della malattia renale definita come riduzione di eGFR al di sotto dei 10 ml/min ovvero una perdita di eGFR >= 40% rispetto ai valori basali (7). Lo studio è stato condotto in 8 paesi (Stati Uniti Canada Regno Unito Germania Italia Malesia Giappone e Cina, Figura 2) ed ha coinvolto 6609 pazienti, ben 3570 (54%) non diabetici (Tabella 2). Da segnalare a questo proposito il considerevole numero di pazienti con nefropatie primitive (nefroangiosclerosi, nefropatia ad IgA, glomerulosclerosi focale), che consentirà di acquisire preziosi informazioni per ottimizzare il trattamento di queste forme di nefropatie croniche. Le caratteristiche cliniche dei pazienti, riportate nella Tabella 2, mostrano come i partecipanti allo studio avessero in media un adeguato controllo della pressione arteriosa, della emoglobina glicata ed una terapia di base ottimizzata secondo le raccomandazioni delle linee guida internazionali (85% con farmaci inibitori del SRAA, dal 30 al 50% farmaci antiaggreganti e 50-80% farmaci ipolipemizzanti).
La numerosità e l’ampia tipologia di pazienti inclusi nello studio EMPA-KIDNEY consentiranno di chiarire definitivamente il ruolo di Empagliflozin (e più in generale della classe degli SGLT2-i) nel prevenire e rallentare la progressione della malattia renale cronica anche in pazienti non diabetici e/o con gradi anche modesti di albuminuria e addirittura senza alterazioni urinarie.
I risultati di EMPA-KIDNEY saranno applicabili ad una popolazione di pazienti nefropatici molto più ampia e di comune riscontro nella pratica clinica rispetto a quella esaminata negli studi Credence e Dapa-CKD (Figura 3).
Conclusioni
La prevenzione della malattia renale cronica nei pazienti a rischio, il rallentamento della sua progressione verso ESKD e la riduzione del rischio cardiovascolare nei pazienti nefropatici costituiscono attualmente problemi non soddisfatti di estrema importanza nel panorama sanitario a livello mondiale. I risultati dello studio EMPA-KIDNEY consentiranno di chiarire in via definitiva il ruolo di empagliflozin nella terapia di nefroprotezione in pazienti con e senza diabete.
Mentre questo contributo va in stampa, è stato da poco ufficialmente comunicato che lo studio EMPA-KIDNEY viene interrotto precocemente per evidenza di beneficio nel braccio trattato con Empagliflozin rispetto a placebo (8). Se sarà necessario attendere alcune settimane per conoscere in dettaglio i risultati dello studio (la pubblicazione è prevista per i primi di novembre 2022) possiamo già oggi affermare, sulla base di queste informazioni, che Empagliflozin e più in generale la classe della gliflozine, verranno presto ufficialmente riconosciute il trattamento di riferimento per tutti i pazienti con MRC.
Bibliografia
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- https://www.empakidney.org/news/empa-kidney-trial-stops-early-due-to-evidence-of-efficacy
- The EMPA-KIDNEY Collaborative Group. [Published online ahead of print March 3 2022]. Nephrol Dial Transplant. 2022. DOI:10.1093/ndt/gfac054
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