“EMPEROR-Preserved”, la frazione di eiezione è ancora necessaria per guidare il trattamento con SGLT2 inibitori nello scompenso cardiaco?

I farmaci inibitori dei trasportatori sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i) sono stati identificati nelle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) (1) come uno dei quattro pilastri della gestione dello scompenso cardiaco a ridotta frazione di eiezione (HFrEF), sulla base degli importanti risultati di studi di fase 3 che ne hanno mostrato un beneficio clinico in termini di riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e della mortalità cardiovascolare, indipendentemente dalla presenza di diabete mellito (DM) (2,3) (tabella 1). A oggi rimaneva non nota la possibile efficacia terapeutica degli SGLT2i in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF).

L’HFpEF è definito come la presenza di segni e sintomi di scompenso cardiaco associati all’evidenza di alterazioni strutturali e/o funzionali cardiache e/o aumento dei livelli circolanti di Brain Natriuretic Peptide (BNP) e con frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) ≥ 50%. A differenza dello HFrEF, nessun trattamento si è mostrato in grado di ridurre in modo convincente la morbidità e la mortalità in questi pazienti, se non i diuretici utilizzati al fine di alleviare i segni e i sintomi di congestione (classe 1 livello C). Fino a oggi tutti i farmaci risultati efficaci nello HFrEF quali ACE inibitori (4), sartani (5), spironolattone (6), sacubitril-valsartan (7), hanno dato risultati neutri per l’endpoint primario nello HFpEF.

Recentemente, i risultati dello studio Empagliflozin in Heart Failure with a Preserved Ejection Fraction (EMPEROR-Preserved), un trial randomizzato, multicentrico in doppio cieco, controllato, hanno suggellato l’efficacia dell’SGLT2i empagliflozin sui principali outcome cardiovascolari in pazienti con HFpEF (8). Lo studio ha coinvolto 11.583 pazienti in classe funzionale New York Heart Association (NYHA) II-IV con FE ≥ 40% randomizzati a empagliflozin 10 mg/die (n = 2,997) o placebo (n = 2.991) (tabella 1). Il 33% dei pazienti arruolati aveva una LVEF compresa tra il 40-50%, ricadendo in quella fascia definibile con scompenso cardiaco a frazione di eiezione moderatamente ridotta (HFmrEF). Empagliflozin, risultava efficace nella riduzione dell’outcome composito primario (morte per cause cardiovascolari ed ospedalizzazioni per scompenso cardiaco) rispetto a placebo (415 pazienti (13,8%) vs 511 (17,1%) (hazard ratio, 0,79; 95% CI [0,69 – 0,90]; p < 0,001) (Figura 1). Il numero necessario di pazienti da trattare (NNT) con empagliflozin per prevenire un evento composito primario è risultato di 31. I benefici sull’endpoint primario erano sostanzialmente imputabili all’effetto sulla riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (4,3 nel gruppo di intervento vs 6% 100 pazienti/anno nel gruppo placebo) piuttosto che sulla mortalità cardiovascolare (3,4% vs 3,8% 100 pazienti/anno). Empagliflozin risultava efficace rispetto a placebo anche negli outcome secondari quali la riduzione del declino della funzionalità renale e del numero totale di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. L’analisi per sottogruppi ha mostrato un coerente beneficio di empagliflozin sull’endpoint primario dello studio, indipendentemente dalle comorbidità associate tra cui il diabete mellito.

L’EMPEROR-Preserved è quindi il primo trial per la classe di farmaci SGLT2i a dimostrare che l’efficacia di empagliflozin si estende a tutto lo spettro fenotipico nell’ambito dello scompenso cardiaco, ponendo il quesito se sia ancora necessario valutare la frazione d’eiezione nell’indicazione clinica all’utilizzo di questi farmaci. La valutazione della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF), anche in base alle linee guida ESC, rappresenta il principale parametro alla base della classificazione, stratificazione del rischio e gestione terapeutica della patologia.

Nonostante ne venga sottolineato il limite di essere un parametro operatore-dipendente, la frazione di eiezione è anche il principale criterio di inclusione nei trial clinici come nel caso degli studi di fase 3 degli SGLT2i nello scompenso cardiaco. Questo tipo di approccio categorico non tiene in considerazione, tuttavia, l’ampio spettro di complessità dei meccanismi fisiopatologici alla base dello scompenso cardiaco, in primis della possibile eziologia ischemica e del ruolo delle comorbidità che, come sappiamo, spesso sono presenti particolarmente nello HFpEF; nello studio EMPEROR-Preserved nel 36% dei casi si riconosceva una causa ischemica, il 49% dei pazienti aveva il DM, il 90% ipertensione arteriosa, ed il 50% fibrillazione atriale in linea con i dati epidemiologici.

A fronte di processi fisiopatologici parzialmente diversi tra soggetti con HFpEF e HFrEF, empagliflozin ha mostrato benefici indipendenti dalla LVEF. I possibili meccanismi alla base degli effetti clinici sono quindi comuni ai vari fenotipi e verosimilmente, in questo contesto, assumono grande rilevanza gli effetti sulla riduzione del pre- e post-carico ventricolare e sul rallentamento del declino della funzionalità renale (sindrome cardio-renale). Il rallentamento del declino del filtrato glomerulare (eGFR) nel gruppo di pazienti trattati con empagliflozin si osservava sia nei pazienti con HFrEF (−0,55 vs −2,28 ml/min/1,73 m²/anno; p < 0,001) sia nei pazienti con HFpEF (−1,25 vs. −2,62 ml/min/1,73 m²/anno; p < 0,001) vs gruppo di controllo e si confermava indipendentemente dai valori di eGFR al baseline (≥/< 60 ml/min).

Al di là delle categorizzazioni è quindi necessario, come oggi viene da più parti proposto, valutare più attentamente i pazienti con scompenso cardiaco da un punto di vista clinico attraverso una corretta anamnesi ed un esame obiettivo accurato che comprenda non solo il quadro cardiologico ma anche la valutazione di tutte quelle patologie che possono in qualche modo incidere sulla funzione cardiaca e sulla mortalità.

Lo studio EMPEROR-Preserved ha mostrato come empagliflozin sia da considerarsi una terapia disease modifying in corso di HFmEF e HFpEF. Questo risultato assume grande rilevanza clinica se si considera che questo tipo di scompenso rappresenta circa il 40% di tutti i casi di HF, che la mortalità dei pazienti con HFpEF è altrettanto gravosa di quella dello HFrEF e che, talvolta, l’HFpEF può evolvere a HFmEF/HFrEF. Le prossime linee guida dovranno includere i risultati di questo studio nelle raccomandazioni di un fenotipo di pazienti con scompenso nel quale, ad oggi, nessun farmaco aveva mostrato effetti favorevoli di outcome. Sono attesi i risultati di ulteriori studi con SGLT2i in corso di HFpEF al fine di confermare, come atteso, un effetto di classe.

 

 

Bibliografia

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  8. Anker SD, Butler J, Filippatos G, Ferreira JP, Bocchi E, Böhm M, Brunner-La Rocca HP, Choi DJ, Chopra V, Chuquiure-Valenzuela E, Giannetti N, Gomez-Mesa JE, Janssens S, Januzzi JL, Gonzalez-Juanatey JR, Merkely B, Nicholls SJ, Perrone SV, Piña IL, Ponikowski P, Senni M, Sim D, Spinar J, Squire I, Taddei S, Tsutsui H, Verma S, Vinereanu D, Zhang J, Carson P, Lam CSP, Marx N, Zeller C, Sattar N, Jamal W, Schnaidt S, Schnee JM, Brueckmann M, Pocock SJ, Zannad F, Packer M; EMPEROR-Preserved Trial Investigators. N Engl J Med. 2021 Oct 14;385(16):1451-1461.
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Alessandra Dei Cas

Professore Associato di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Università degli Studi di Parma

Tabella 1
Figura 1

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