Linee guida KDIGO: dove si posizionano gli inibitori degli SGLT2

Da pochi mesi sono state pubblicate la nuove linee guida Kidney Disease: Improving Global Outcome (KDIGO) (1) sulla gestione del diabete in persone con malattia renale cronica (MRC). Queste includono raccomandazioni riguardanti l’approccio terapeutico globale per le persone con diabete e MRC, comprendenti quindi non solo suggerimenti farmacologici, ma anche interventi sullo stile di vita, consigli sull’automonitoraggio glicemico, target dei fattori rischio da raggiungere nonché approcci all’autogestione e modelli di cura (Figura 1).

Il diabete è la principale causa al mondo di MRC (2) e, mentre nelle ultime due decadi le complicanze cardiovascolari (CV) del diabete hanno mostrato un lieve ma costante trend verso la riduzione dell’incidenza, questo non si è verificato se non marginalmente per l’insufficienza renale terminale (IRT) (3). 

In passato è stata molto accreditata la visione glucocentrica nella patogenesi delle complicanze croniche della malattia diabetica, tuttavia il trattamento intensivo dell’iperglicemia ha dimostrato un impatto solo marginale sulle complicanze micro e soprattutto macrovascolari del diabete (4).

Più recentemente, grazie ai risultati dei cosiddetti CVOT, cardiovascular outcome trials, vi è stata una svolta di questo paradigma. Come oramai ben sappiamo, gli studi di sicurezza CV richiesti dall’FDA (5) dopo la pubblicazione della meta-analisi di Nissen et al. (6), hanno documentato per le classi di farmaci antiiperglicemici emergenti non solo sicurezza nel loro utilizzo, ma per alcune di esse, segnatamente gli inibitori del SGLT2 (SGLT2-I) e GLP1 agonisti recettoriali (GLP-1 RA), la capacità di ridurre significativamente il rischio di eventi cardio-renali nelle persone con diabete mellito di tipo 2 (DMT2).

Evidenze molto forti supportano oggi le raccomandazioni all’utilizzo in particolare degli SGLT2-I nei pazienti con DMT2 e MRC, pazienti ad alto rischio sia di sviluppare eventi CV che di progredire verso l’IRT. Ed in questo senso le nuove lineeguida KDIGO enfatizzano come la maggior parte dei pazienti con DMT2, MRC e filtrato glomerulare stimato (eGFR) >30 ml/min/1,73m2 possano beneficiare del trattamento con un SGLT2-I (Forza della raccomandazione 1A). Queste molecole che si sono dimostrate efficaci nel ridurre il rischio di MRC e malattia CV, possono essere utilizzate come farmaco di prima linea anche associate alla metformina (Figura 2). Quando la associazione di questi due farmaci non è disponibile o i farmaci non sono tollerati o quando non sono efficaci nel raggiungere i target glicemici (Figura 3), viene suggerita l’aggiunta di un altro farmaco antiiperglicemico basandosi sulle preferenze del paziente, la presenza di comorbidità, sul valore del eGFR ed infine sul costo (Figura 4). In generale, dopo un SGLT2-I, viene scelto un GLP1-RA, farmaci che si sono dimostrati efficaci nel ridurre oltre al rischio CV anche l’albuminuria e probabilmente sono in grado di rallentare il declino del GFR.

Com’è noto, gli SGLT2-I sono stati valutati nei pazienti con DMT2 in tre CVOT (EMPAREG-OUTCOME, CANVAS, DECLARE-TIMI (7-9) nei quali l’outcome composito renale era un endpoint secondario ed in uno dedicato specificamente all’outcome renale in pazienti con DMT2 e MRC (CREDENCE) (10). Una recente meta-analisi di questi studi ha documentato una ampia protezione associata all’utilizzo di questa classe di farmaci dalla progressione della MRC, RR: 0,67, CI 95% 0,52-0,86) (11).

Al momento della pubblicazione della lineeguida KDIGO erano stati presentati i risultati di un secondo trial condotto in pazienti con MRC, il DAPA-CKD, che ha valutato l’efficacia del dapagliflozin per quando riguarda la protezione renale. Lo studio ha mostrato una riduzione significativa dell’endpoint renale composito  (HR: 0.61, IC 95%: 0,51-0,72) nel braccio a trattamento attivo. Peraltro questo studio ha dimostrato che l’efficacia del farmaco era simile nei pazienti con o senza DMT2 oltre che essere indipendente dai livelli basali di eGFR e di albuminuria (12).

Infine gli effetti benefici cardiovascolari e renali degli SGLT2 sono stati dimostrati anche in due trial condotti in pazienti con insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione che hanno valutato il dapagliflozin e l’empagliflozin (DAPA-HF e EMPEROR-Reduced) (13-14).

Nelle linee guida vengono anche ricordati gli eventi avversi associati all’utilizzo di questi farmaci quali l’infezione delle vie genitali, il rischio di chetoacidosi normoglicemica e l’aumento della amputazioni distali degli arti inferiori evidenziato in un unico studio (8). All’utilizzo di questi farmaci non è associato un rischio aumentato di ipoglicemie.

Il Gruppo di lavoro ricorda come i benefici di questa classe di farmaci si osservano per differenti strati di eGFR (fino a 30-44 ml/min/1,73m2) e di albuminuria (compresa la normoalbuminuria). Questa osservazione è a supporto del dato che l’efficacia protettiva degli SGLT2-I è indipendente dall’effetto antiiperglicemico che peraltro si riduce significativamente per valori di eGFR bassi. Per tutti questi motivi il Gruppo di Lavoro delle KDIGO ha suggeriscono che pazienti con DMT2, MRC e eGFR >30 ml/min/1,73m2 dovrebbero essere trattati con SGLT2-I, indipendentemente dai livelli di GFR, di albuminuria e di HbA1c. La scelta dovrebbe dare priorità a quelle molecole che hanno documentata efficacia di protezione renale e cardiovascolare.

Il Gruppo di Lavoro da inoltre una serie di consigli, basati su evidenze, su come implementare l’utilizzo degli SGLT2-I in aggiunta alla terapia antiiperglicemica in corso.  Nei pazienti che non sono a target glicemico o che pur essendo a target, possono raggiungere in sicurezza valori di HbA1c ancora più bassi ad esempio pazienti a target glicemico in trattamento con la sola metformina o con altri farmaci a basso rischio di indurre ipoglicemia, l’SGLT2-I può essere aggiunto in sicurezza alla terapia in corso.

Per i pazienti nei quali l’aggiunta di SGLT2-I può invece indurre ipoglicemia (ad esempio pazienti in terapia con farmaci in grado di provocare ipoglicemia come sulfoniluree o insulina) ed a target di HbA1c, potrebbe essere utile sospendere o ridurre il dosaggio del farmaco in grado di indurre ipoglicemia (non la metformina) per facilitare l’aggiunta dell’SGLT2-I.

Il Gruppo di Lavoro raccomanda che i pazienti dovrebbero essere avvisati dei potenziali eventi avversi associati all’utilizzo degli SGLT2-I. In particolare viene data enfasi alla possibile lieve contrazione di volume e riduzione della pressione arteriosa. In caso di pazienti a rischio di ipovolemia, per esempio a causa della concomitante terapia diuretica in corso, potrebbe essere necessaria una riduzione della posologia del diuretico per evitare i sintomi da contrazione di volume avvisando di questo anche il paziente.

È noto che all’inizio della terapia con gli  SGLT2-I si può avere una lieve riduzione del GFR. È una riduzione reversibile dovuta ad un fenomeno emodinamico. Non è affatto un indicatore alla sospensione della terapia. Nello studio CREDENCE il canagliflozin è stato continuato anche in pazienti nei quali durante lo studio il eGFR scendeva al di sotto di 30ml/min/1,73m2 (10). Basandosi su questa osservazione il Gruppo di Lavoro consiglia di continuare l’SGLT2-I anche in quei pazienti nei quali il eGFR scende al disotto di 30 ml/min/1,73m2 a meno che non sia più tollerato o il paziente necessita di terapia renale sostitutiva.

Non viene raccomandato dal Gruppo di lavoro l’utilizzo degli SGLT2-I nei pazienti con trapianto renale a causa di possibili infezioni dovute al farmaco 

In conclusione, le nuove lineeguida KDIGO offrono una serie di consigli e raccomandazioni, basate sulle evidenze, sulla cura delle persone con DMT2 e MRC. Basandosi su una revisione sistematica della letteratura, enfatizzano l’utilizzo degli SGLT2-I, particolarmente le molecole che hanno documentato una efficacia nella protezione cardio-renale, sia in termini di prevenzione che di cura. L’obiettivo del Gruppo di Lavoro è quello di  favorire l’implementazione dei trattamenti più idonei riducendo il gap ancora ampio esistente tra le evidenze di buona pratica clinica e la pratica clinica corrente.

 

Bibliografia

 

  1. Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) Diabetes Work Group. KDIGO 2020 Clinical Practice Guideline for Diabetes Management in Chronic Kidney Disease. Kidney Int. 2020;98(4S):S1–S115.)
  2. Saran, R.; Robinson, B.; Abbott, K.C.; Bragg-Gresham, J.; Chen, X.; Gipson, D.; Gu, H.; Hirth, R.A.; Hutton, D.; Jin, Y.; et al. US renal data system 2019 annual data report: Epidemiology of kidney disease in the United States. Am. J. Kidney Dis. 2020, 75, S1–S64.  
  3. Gregg, E.W.; Li, Y.; Wang, J.; Burrows, N.R.; Ali, M.K.; Rolka, D.; Williams, D.E.; Geiss, L. Changes in diabetes-related complications in the United States, 1990–2010. N. Engl. J. Med. 2014, 370, 1514–1523.
  4. Ruospo M, Saglimbene VM, Palmer SC, De Cosmo S, Pacilli A, Lamacchia O, Cignarelli M, Fioretto P, Vecchio M, Craig JC, Strippoli GF.Cochrane  Glucose targets for preventing diabetic kidney disease and its progression. Database Syst Rev. 2017;6:CD010137. doi: 10.1002/14651858.CD010137.pub2.
  5. U.S. Food and Drug Administration. Guidance for Industry. Diabetes Mellitus-Evaluating Cardiovascular Risk in New Antidiabetic Therapies to Treat Type 2 Diabetes; December 2008. Available online: www.fda.gov/downloads/Drugs/GuidanceComplianceRegulatoryInformation/Guidances/ucm071627.pdf 
  6. Nissen SE and Wolski K. Effect of Rosiglitazone on the Risk of Myocardial Infarction and Death from Cardiovascular Causes N Engl J Med 2007;356:2457-2471
  7. Zinman B, Wanner C, Lachin JM, et al. Empagliflozin, cardiovascular outcomes, and mortality in type 2 diabetes. N Engl J Med. 2015;373:2117–2128
  8. Neal B, Perkovic V, Mahaffey KW, et al. Canagliflozin and cardiovascular and renal events in type 2 diabetes. N Engl J Med. 2017;377:644–657
  9. Wiviott SD, Raz I, Bonaca MP, et al. Dapagliflozin and cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med. 2019;380:347–357
  10. Perkovic V, Jardine MJ, Neal B, et al. Canagliflozin and renal outcomes in type 2 diabetes and nephropathy. N Engl J Med. 2019;380:2295–2306.
  11. Neuen BL, Young T, Heerspink HJL, Neal B, Perkovic V, Billot L, Mahaffey KW, Charytan DM, Wheeler DC, Arnott C, Bompoint S, Levin A, Jardine MJ SGLT2 inhibitors for the prevention of kidney failure in patients with type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis Lancet Diabetes Endocrinol. 2019;7:845-854.
  12. Heerspink HJL, Stefánsson BV, Correa-Rotter R, Chertow GM, Greene T, Hou F-F, Mann JFE, McMurray JJV, Lindberg M, Rossing P, et al. Dapagliflozin in patients with chronic kidney disease. N Engl J Med. 2020;383:1436–46.
  13. McMurray JJV, Solomon SD, Inzucchi SE et al Dapagliflozin in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction N Engl J Med 2019; 381:1995-2008
  14. Packer M, Anker SD, Butler J, Filippatos G, Pocock SJ, Carson P, Januzzi J, Verma S, Tsutsui H, Brueckmann M, et al. Cardiovascular and renal outcomes with empagliflozin in heart failure. N Engl J Med. 2020;383:1413–24.
Il tuo percorso:Home>Magazine>Numero 2-2021>Linee guida KDIGO: dove si posizionano gli inibitori degli SGLT2

Pamela Piscitelli, Maria Maddalena D’Errico, Anna Ruseo e Salvatore De Cosmo

Unità Complessa di Medicina Interna-Endocrinologia , IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” San Giovanni Rotondo (FG)

 

Fig.1
Fig.2
Fig.3
Fig.4

Articoli collegati