Novità dall’ESC: le linee guida ESC sulla diagnosi e trattamento

Sono state presentate allo scorso congresso annuale della Società Europea di Cardiologia, e pubblicate sullo European Heart Journal (1), le nuove linee guida sulla diagnosi e trattamento dello scompenso cardiaco (SC), che sostituiscono le precedenti del 2016.

Si tratta di un documento lungamente atteso che ha profondamente modificato l’approccio allo SC, incorporando una serie di novità riguardanti la definizione, la diagnosi, la prevenzione ed il trattamento farmacologico e strumentale dello SC. Il documento incorpora le novità in questo ambito, anticipate nella Definizione Universale di Scompenso Cardiaco, pubblicata nel 2021 con l’intento di riformare e rendere omogenea la definizione e classificazione di tale patologia (2).

Una delle novità più importanti riguarda la nuova classificazione (tabella 1), già anticipata nella definizione universale di SC, che prevede 3 fenotipi di SC, ovvero quello a frazione di eiezione (FE) ridotta (FE<40%), con FE moderatamente ridotta (>40 a 49%) e on FE preservata (>50%). Scompare dunque la precedente denominazione di FE intermedia (mid range) delle precedenti linee guida e si identifica con chiarezza un valore arbitrario di normalità della funzione sistolica ventricolare sinistra, corrispondente a FE>50%. Questa operazione comporta una ricaduta notevole, non solo per gli aspetti nosografici ed epidemiologici, ma anche per quelli terapeutici, in considerazione delle evidenze crescenti che la classi di farmaci (soprattutto gliflozine e ARNI) di più recente introduzione nel panorama terapeutico dello SC a FE ridotta dimostrano beneficio esteso anche ai pazienti con FE moderatamente ridotta. 

Sul piano diagnostico cambia il precedente algoritmo per la identificazione delle forme di SC a FE preservata, per le quali la evidenza di alterazione strutturale delle performance cardiaca può provenire dalla valutazione strumentale (imaging) o dalla misurazione dei peptidi natriuretici (e non più dal soddisfacimento di entrambi), che conservano, anche nelle altre categorie, il ruolo importante di accurati predittori negativi delle SC.

Viene rinforzata, con livello 1, la raccomandazione riguardo l’impiego delle gliflozine, esteso alla intera classe, per la prevenzione dello SC nei pazienti con diabete di tipo 2, a fronte delle consistenti evidenze derivate da tutti gli studi con questa classe di farmaci che hanno ridotto, in pazienti diabetici senza evidenza di SC al basale, del 30% circa le ospedalizzazioni per SC in popolazioni corrispondenti alla classe di rischio di SC secondo la nuova definizione (2).

Ma non vi è dubbio che le novità maggiormente attese e rilevanti sono quelle legate alle nuove evidenze di beneficio terapeutico provenienti dai recenti studi clinici di fase 3 e dalla loro incorporazione nel nuovo algoritmo terapeutico dello SC a ridotta FE, che è stato identificato tenendo in considerazione prevalentemente gli effetti della terapia sulla riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni. In questo modo sono state identificate 4 classi di farmaci disease modifier come inibitori del RAS o ARNI, beta bloccanti (BB), inibitori recettoriali dei mineralcorticoidi (MRA), gliflozine (SGLT2i), ovvero capaci di modificare favorevolmente la storia naturale dello SC, riconoscendo il rilevante ruolo prognostico negativo delle ospedalizzazioni, che segnano il declino della aspettativa di sopravvivenza dei pazienti (Figura 2).

In questo rinnovato contesto terapeutico la novità principale riguarda il ruolo delle gliflozine che diventano farmaci dello SC a FE ridotta in pazienti diabetici e non diabetici, capaci di modificare favorevolmente anche la progressione della disfunzione renale (3). In considerazione delle evidenze di beneficio su mortalità e ospedalizzazioni per SC, le nuove linee guida raccomandano l’introduzione in terapia di tutte e 4 le classi terapeutiche citate e le tempestività di tale intervento, proponendo un follow up ravvicinato (1-2 settimane) al fine della ottimizzazione terapeutica (titraggio delle dosi per beta bloccanti e ARNI o RAS inibitori) e, possibilmente, l’introduzione delle 4 classi di farmaci già al momento del ricovero ospedaliero. 

Si passa dunque da un algoritmo terapeutico verticale delle precedenti linee guida, che prevedeva l’introduzione sequenziale di classi di farmaci al di sopra di beta bloccanti e RASi guidata dalla persistenza dei sintomi, ad un algoritmo orizzontale, dove le 4 classi di farmaci sono disposte su una linea orizzontale che ne sottolinea la pari dignità e la necessità di implementazione congiunta al fine di sfruttarne le sinergie di azione farmacodinamica e di beneficio clinico (4). In tale rinnovato contesto ed in assonanza con le raccomandazioni delle società scientifiche nordamericane, le nuove linee guida ESC raccomandano la sostituzione degli inibitori del RAS con ARNI, raccogliendo i risultati del PARADIGM HF (5) e la possibilità di introdurre gli ARNI come terapia di inizio nel paziente de novo non in terapia con RASi (2). Entra nelle linee guida, sebbene in classe IIb, anche il Vericiguat, farmaco con meccanismo di azione innovativo in quanto capace di aumentare la sensibilità della guanilato ciclasi all’ossido nitrico, incrementando la sintesi di cGMP che nello studio Victoria (6), che ha arruolato pazienti con ridotta FE e peggioramento dello SC, ha dimostrato una significativa riduzione delle ospedalizzazioni.

Purtroppo, le linee guida non sono riuscite ad incorporare la nuova rilevante evidenza di beneficio delle gliflozine (empagliflozin) nella riduzione delle ospedalizzazioni per SC nei pazienti con FE moderatamente ridotta o preservata arruolati nello studio EMPEROR Preserved (6), aspetto questo che, sperabilmente, verrà emendato in un prossimo documento che dovrà incorporare questa nuova prima evidenza di beneficio in una classe epidemiologicamente emergente di pazienti nei quali non vi erano, sino ad oggi, studi favorevoli di outcome e per i quali gli unici farmaci in classe 1 sono i diuretici, peraltro mai testati in uno studio di fase 3.

Le novità in tema di terapia riguardano anche la rivisitazione del ruolo dei device, con la riclassificazione in classe IIA dell’impianto dei defibrillatori nei pazienti con SC a FE ridotta di origine non ischemica, in considerazione dei risultati dello studio DANISH (7).

Queste sono solo alcune delle novità introdotte dalle nuove linee guida che globalmente rappresentano una nuova modalità di gestione dello SC, condizione emergente nei Paesi sviluppati, ed una sfida ed opportunità per il nostro sistema sanitario per interferire favorevolmente sulla prognosi di questa patologia.

 

Bibliografia

  1. Bozkurt B, Coats AJS, Tsutsui H, et al. Universal definition and classification of heart failure: a report of the Heart Failure Society of America, Heart Failure Association of the European Society of Cardiology, Japanese Heart Failure Society and Writing Committee of the Universal Definition of Heart Failure: Endorsed by the Canadian Heart Failure Society, Heart Failure Association of India, Cardiac Society of Australia and New Zealand, and Chinese Heart Failure Association. Eur J Heart Fail. 2021;23:352-380
  2. McDonagh TA, Metra M, Adamo M, et al. ESC Scientific Document Group. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J 2021;42:3599-3726
  3. Zannad F, Ferreira JP, Pocock SJ, at al. SGLT2 inhibitors in patients with heart failure with reduced ejection fraction: a meta-analysis of the EMPEROR-Reduced and DAPA-HF trials. Lancet. 2020;396:819-829
  4. Vaduganathan M, Claggett BL, Jhund PS, et al Estimating lifetime benefits of comprehensive disease-modifying pharmacological therapies in patients with heart failure with reduced ejection fraction: a comparative analysis of three randomised controlled trials. Lancet. 2020;396:121-128
  5. McMurray JJ, Packer M, Desai AS, et al. PARADIGM-HF Investigators and Committees. Angiotensin-neprilysin inhibition versus enalapril in heart failure. N Engl J Med. 2014;37:993-1004
  6. Anker SD, Butler J, Filippatos G, et al; EMPEROR-Preserved Trial Investigators Empagliflozin in Heart Failure with a Preserved Ejection Fraction. N Engl J Med. 202;385:1451-1461 
  7. Armstrong PW, Pieske B, Anstrom KJ, et al. VICTORIA Study Group. Vericiguat in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. N Engl J Med. 2020;382:1883-1893
  8. Defibrillator Implantation in Patients with Nonischemic Systolic Heart Failure. Køber L, Thune JJ, Nielsen JC, et al. DANISH Investigators. N Engl J Med. 2016;375:1221-1230
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Pasquale Perrone Filardi

Professore Ordinario di Cardiologia, Università Federico II di Napoli

Tabella 1
Figura 1
Figura 2

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